Prime comunioni e cresime: belle cerimonie o altro?

Per molti forse che hanno visto i bambini e ragazzi accedere al sacramento dell’Eucaristia e delle Cresima l’aspettativa era soprattutto di essere spettatori di una cerimonia che avrebbe suscitato emozioni, per quegli adulti soprattutto che vedono la religione come una fase della loro infanzia e magari sentono così anche nostalgia. Sappiamo che c’è molto di più nella celebrazione di un sacramento per i nostri bambini e ragazzi ma a causa del clima culturale che viviamo, caratterizzato dalla “secolarizzazione” probabilmente abbiamo impoverito di senso anche le cose più preziose che abbiamo, quelle che riguardano il nostro rapporto con Dio e con la vita.

Il mangiare insieme, anche umanamente, ci parla del senso del condividere ciò che ci dà la vita. Certo si può assumere cibo solo per la necessità di alimentare il nostro corpo. Quando però è vissuto con un senso insieme agli altri (pensiamo anche il desiderio di trovarci insieme agli altri a pasteggiare e non farlo da soli) dice molto di più che soddisfare un bisogno fisico. La Prima Comunione è festa perché il Pane condiviso che è Cristo e che ci dà la vita etema è donato ai nostri piccoli, in quel momento e per sempre, segno dell’amore di Dio per loro che passa attraverso la vita di comunità, a cui i genitori e famigliari dovrebbero appartenere con convinzione.

Ma è così che è?

La risposta non è poi così scontata: i genitori certo tengono alla Prima Communione dei loro figli ma anche potendo prendere il Cibo che dà la vita eterna spesso l’hanno tralasciato non partecipando all’incontro, al pasto, che la Messa nel giorno del Signore. Sembra che i bambini riescano più facilmente ad accogliere il Paine della Vita Eterna, abituati a ricevere aiuto per la loro vita dagli altri, dai grandi, e quindi lo accolgono anche dal Grande che è Dio, non condizionati dalla posizione di autosufficienza che è degli adulti. Ma allora noi adulti che facciamo? Proponiamo ai bambini e ragazzi un segno forte, impegnativio, e noi magari lo viviamo una volta con loro e poi basta?

Anche la celebrazione delle Cresime, forse non così fortemente come per la Prima Comunione, è ancora un momento in cui si concentrano aspettative per i nostri ragazzi. Anche qui pensiamo al senso del rito della celebrazione: i ragazzi vengono unti con il Crisma segno che anticamente diceva la Consacrazione, ci dice che nella vita abbiamo un obiettivo da perseguire, l’obiettivo che riguarda la nostra vita in quanto tale, un progetto che non lo facciamo solo noi ma ci è anche e soprattutto consegnato. Noi diciamo questo con un segno ai ragazzi. Ma questo diventa anche una provocazione per noi. A che cosa siamo consacrati? Per chi o per che cosa? Quale progetto? Ha senso che que sto progetto sia in rapporto con Dio?

Forse non pensiamo abbastanza questo quando chiediamo di viver questo ai nostri ragazzi e rischiamo di vanificare la proposta che facciamo perché vedono forse noi che non ci interessiamo e non ci crediamo più di tanto.