Per vivere il GIUBILEO
Notizie e indicazioni per l’Anno Santo 2025 /10° parte
La prima esperienza di “PELLEGRINAGGIO GIUBILARE” che viviamo comunitariamente come parrocchie dell’Unità Pastorale Val del Riso, chiede una attimo di riflessione per riscoprire il senso più completo di questo “esercizio” che si andrà a ripetere più volte lungo l’Anno Santo.
Il Giubileo chiede di mettersi in cammino e di superare alcuni confini.
Quando ci muoviamo, infatti, non cambiamo solamente un luogo, ma trasformiamo noi stessi.
Per questo è importante prepararsi, pianificare il tragitto e conoscere la meta.
In questo senso il pellegrinaggio che caratterizza questo anno inizia prima del viaggio stesso: il suo punto di partenza è la decisione di farlo.
L’etimologia della parola “pellegrinaggio” è decisamente eloquente: deriva dal latino “per ager” che significa “attraverso i campi”, oppure “per eger”, che significa “passaggio di frontiera”: entrambe le radici richiamano l’aspetto dell’intraprendere un viaggio.
Abramo, nella Bibbia, è descritto come una persona in cammino: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre» (Gen 12,1), con queste parole incomincia la sua avventura, che termina nella Terra Promessa, dove viene ricordato come «arameo errante» (Dt 26,5). Anche il ministero di Gesù si identifica con un viaggio che parte dalla Galilea verso Gerusalemme (Le 9,51). Lui stesso chiama i discepoli a percorrere questa strada e ancora oggi i cristiani sono coloro che lo seguono e si mettono alla sua sequela.
Il percorso, in realtà, si costruisce progressivamente: vi sono vari itinerari da scegliere, luoghi da scoprire; anche le situazioni, le catechesi, i riti e le liturgie, i compagni di viaggio permettono di arricchirsi di contenuti e prospettive nuovi.
Pure la contemplazione del creato fa parte di tutto questo e diventa un aiuto per imparare che averne cura «è espressione essenziale della fede in Dio e dell’obbedienza alla sua volontà» (papa Francesco, Lettera per il Giubileo 2025).
Il pellegrinaggio è un’esperienza di conversione, di cambiamento della propria esistenza per orientarla verso la santità di Dio. Con essa, si fa propria anche l’esperienza di quella parte di umanità che, per vari motivi, è costretta a mettersi in viaggio per cercare un mondo migliore per sé e per la propria famiglia.
Dunque, la dimensione pellegrinante della nostra fede è costitutiva, iscritta nel cuore di ogni credente.
In sostanza siamo chiamati a ripetere costantemente nelle nostre vite l’esperienza di Èmmaus, camminando insieme al Viandante sconosciuto, che con le sue parole sa però riscaldare il nostro cuore e aprire i nostri occhi, fino a quando lo riconosciamo nello spezzare il pane e corriamo ad annunciare a tutti che il Signore è risorto.
Ecco, questa è esattamente la dinamica del pellegrinaggio giubilare: camminare insieme, per le strade del mondo (e della nostra vita), fino a varcare la Porta Santa che è Cristo stesso e incontrarlo nei sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia, pregando secondo le intenzioni del Papa.
Per ritornare a casa profondamente mutati e capaci di un nuovo annuncio.
Il pellegrinaggio cristiano è quindi un viaggio compiuto per ripercorrere spiritualmente la sequela di Gesù e per rappresentare simbolicamente il proprio proposito di camminare verso di Lui.
E’ un andare finalizzato, un tempo che l’individuo stralcia dalla continuità del tessuto ordinario della propria vita (luoghi, rapporti, produzione di reddito), per connettersi a Dio.
Nella società contemporanea il pellegrinaggio assume sfaccettature diverse per ciascun individuo.
Nasce spesso dal desiderio di spezzare una routine e riconnettersi con sé, le proprie idee e i propri valori, la propria fede ed emotività.
È una ricerca di sé e di Dio che di frequente passa anche attraverso il contatto con altre persone, spesso sconosciuti, che dividono questa esperienza.
È un momento intenso, che ci si porta dietro per tutta la vita e che spesso cambia il modo di vivere la quotidianità e la fede.